2-Dalla Guerra del Peloponneso alla Grecia ellenistica
- giannitribuzio1
- Jul 6
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Durante il periodo classico emerse anche la Storiografia con i fatti storici che vennero raccontati da Erodoto e sopratutto da Tucidide che per primo li vide con occhio distaccato, senza pregiudizi. Il suo racconto della guerra del Peloponneso ne costituisce il tipico esempio. Ma è l'occhio di uno scettico e ciò dimostra che i Greci andavano abbandonavano i loro Dei dell' Olimpo (dal loro vissuto) e vi andavano installando la Ragione e il principio di realtà. Nei suoi scritti non riconosce alcuna provvidenza e l'Umanità, secondo lui, è destinata a non imparar nulla dalla Storia ma a ripetere sempre, ad ogni generazione, i medesimi errori. Mi vede d'accordo.
Tuttavia gran parte della moderna politica occidentale, del pensiero artistico (architettura, scultura), del pensiero scientifico, filosofico derivano da questo immenso periodo di storia greca.
Il sistema politico della Polis era basato sulla partecipazione attiva dell' intera popolazione alla vita politica. L'agnosticismo politico era immorale. La polis di Pericle non voleva tecnici specializzati ma tuttologi. L'Uomo completo era il valore supremo della civiltà greca classica che chiamavano Aretè=virtù. Erano dilettanti in tutto specializzati in nulla.
Col tempo, come sempre capita alle diverse civiltà all apice del loro successo, la lotta sociale tra classi prima o poi emerge. La borghesia (come sempre nella storia) capitalista diventa oziosa e finisce per disprezzare il lavoro (lo consideravano una mortificazione della dignità umana) per vivere di rendita, lasciando il lavoro alle categorie più basse della popolazione (artigiani, mercanti, immigrati e schiavi) "guidate" dall'Aristocrazia terriera decaduta che fa leva ed interpreta le istanze di questi ultimi (sempre quelli :debiti, diritti, redditi bassi). Anche se va da dire che fu più un conflitto di idee e moralità che di interessi.
Atene era la padrona dei mari e la sua economia si basava tutta sui commerci marititmi internazionali sul Mediterraneo che avvenivano con la sua moneta, utilizzata per scambi internazionali, e la sua lingua. Un poco come gli Americani di oggi. Per restarne padrona doveva mantenere l'ordine tra le numerose città-stato che si andavano creando sul Mediterraneo. La Confederazione "egalitaria" di vari Stati( una moderna Nato) di cui faceva parte, era solo una scusa per mantenere il monopolio dei mari.
Per Atene non c'erano quindi alternative. Essere un Impero o niente.E' la natura del successo che spinge ad ingrandirsi (come fece la Roma antica). Gli eccessi di Atene causarono numerose rivolte tra le città alleate, tutte sedate con la forza, ma il dinamismo ateniese preoccupò Sparta e portò infine alla guerra del Peloponneso nel 431 a.C. Era naturale che dovesse entrare in conflitto con il suo alter ego. Una città democratica, borghese, dedita ai commerci, arte e cultura la prima, si doveva scontrare con un'aristocrazia dorica, terriera, conservatrice, totalitaria e grossolana(la seconda).
In più secondo Tucidide l'altra causa fu la noia che la pace ispirava alle nuove generazioni, cresciute tutte in un lungo tempo di pace. Dopo una breve pace seguì una nuova guerra che si risolse a vantaggio di Sparta. Atene venne sconfitta.
Ma non c'e nulla di più corruttibile degli incorrotti. Poco allenati alla tentazione quando vi cedono non conscono più limiti. Sparta iniziò ad imporre governi oligarghici ad Atene e Tebe senza l'uso di diplomazia (che non aveva mai saputo cosa fosse). Cosi un grande generale tebano Epaminond,a dopo un attento studio della strategia militare Spartana riuscì nell' impresa mai riuscita ad alcuno di sconfiggere l'esercito spartano sulla terraferma.
Era chiaro che nessuna delle 3 grandi città greche aveva la forza di imporre il suo primato ma ciascuna aveva abbastanza forza per impedirne il primato altrui.
L'esasperazione dei cittadini nei confronti delle interminabili guerre tra le città-stato portò alla convinzione che la pace e l'unità potessero essere raggiunte solo attraverso l'intervento di un principe o di una personalità esterna alla tradizionale politica egemonica delle Polis. Così, Filippo II di Macedonia, la più insignificante zona della grecia fino a quel momento, riuscì a entrare nelle discordie tra le Polis greche ed a imporre il proprio dominio personale mentre toccò a suo figlio Alessandro Magno unire tutto il mediterraneo e oltre (Persia, India) sotto il suo dominio che pero' non riuscì a gestire. Moriva a soli 31 anni .....
Con la morte di Alessandro Magno e le successive lotte intestine per la divisione del suo Impero si chiude di fatto la storia della Grecia come potenza ed inizia la sua decadenza politica. Essa non riuscì mai a divenire Nazione. Una nazione si fonda sul desiderio comune di vivere insieme. Come oggi l'Europa ha lasciato all' America e all'Asia la parte di protagonista della Storia così la Grecia dovette cederla alla varie dinastie greco-macedoni (in Macedonia, Egitto, Siria Persia) che si formarono sull'eredita di Alessandro.
Tutte comunque oramai con lo "spirito" greco. L'avvento del periodo ellenistico (come fu chiamato) iniziò la crisi politica delle Polis ma dal punto di vista economico tale periodo diede invece un nuovo impluso agli scambi commerciali nel mediterraneo che mai fu più florido. Questo perchè i vari reami che si creavano nel mediterraneo continuavano ad utilizzare una lingua (greca) ed una moneta internazionale (Dracma) comune. Col tempo nacquero spirali inflazionistiche con salari incapaci di adeguarsi al costo della vita. Di conseguenza, la Società si polarizzava con distanze economiche tra la ruling class e il popolo che aumentano mentre quelle tra cittadini poveri e schiavi diminuivano. Come si vede nulla di nuovo sotto il sole.
Dal punto di vista culturale tale periodo ellenistico ha delle caratteristiche diverse dal periodo classico. Il Pensiero non nasce più dall'inventiva e creatività dei suoi filosofi nell'Agorà con le loro conversazioni ma diventa un fatto tecnico con studiosi che si specializzano sempre più ma più poveri in creatività. Si rinuncia quindi alla ricerca delle verità ultime anzi la saggezza consiste ora nelle rinuncia al suo perseguimento; Meglio confomarsi e perseguire una vita serena secondo convenzioni. Un approccio, diremmo oggi "present oriented" e individualista che lo si riscontra anche nella nostra Società contemporanea.
Il Teatro che in genere è lo specchio più immediato di una Società è oramai morto sostituito da una bassa commedia (temi come tradimenti, vendette ect) mentre la filosofia raggiunge il suo zenit con Platone ed Aristorele per poi ridursi alla sola ricerca di norme morali e di condotta.
I 2 principi del Pensiero occidentale nascono con la loro speculazione filosofica: Idealismo e l Realismo. Secondo Platone è l'idea il principio primo da cui nasce la realtà concreta; viceversa per Aristotele.
Il primo fu più un pensatore passionale ma con molte contraddizioni. Amava la matematica perche vi cercava in essa il rigore che egli non aveva. Il secondo fu uno scienzato ante litteram. Non aveva il fascino del suo maestro e non sapeva improvvisare ma la sua Logica lo portò a raccogliere dati, a catalogare e pianificare per poi fare enunciati. Furono molto diversi anche nella loro visione della Politica e della Storia. Aristotele sognava un governo misto di Aristocrazia e Democrazia per evitare abusi della libertà ma senza cadere in tirannia. La sua Ragione lo portò a credere che la Storia era frutto di della pura logica e non vi coglieva i motivi passionali che sono invece quelli che li determinano. Platone sognava un governo autoritario governato da filosofi. Una specie di comunista ante litteram.
La vita quotidiana diviene inoltre raffinata, individualista e si pensa a godersi la vita; dai censimenti dell'epoca si evince che crolla letteralmente la natalità conseguenza dello spopolamento delle campagne, mentre l'aborto diviene pratica comune e l'omosessualità dilaga. L'importazione di una cucina diversa grazie ai traffici marittimi (la cucina persiana è più grassa) trasforma i greci da atleti in spettatori.
Questa è da sempre la storia dell'Uomo. Quando egli abbandona il suo viaggio alla scoperta dei grandi <Perchè> della vita (quindi un approccio filosofico) si rifugia nello studio del <Come> (approccio scientifico) creando di conseguenza una Società a sua immagine. Ecco un'altra analogia con noi uomini contemporanei.
La Grecia perdeva così il senso della propria missione. Ma quale fu la principale ragione della catastrofe insieme al fatto che non riuscì mai ad evolversi in Nazione?
La Democrazia a partecipazione diretta alla cosa pubblica era nata per una popolazione limitata (poche migliaia). Tutti erano al tempo stesso sovrano e suddito. Un popolo di sublimi dilettanti che si occupavano di tutto ma specializzati in nulla. Ma l'uomo occidentale si porta in corpo lo spirito indomito della scoperta che non gli consente alcuna sosta. Si chiama progresso. Durante il periodo ellenistico a causa dei traffici crescenti e della debolezza politica le Polis iniziavano a formare professionisti poichè il progresso tecnico impone la specializzazione e la divisione del lavoro. Ciò però uccideva il dilettantismo Ateniese che a sua volta uccideva lentamente la vocazione della sua gente per la cosa Pubblica mentre aumentava l 'individualismo interessato.
La Grecia che aveva visto il suo nemico sempre venire dall'Oriente (Persia) non vide per tempo la sua fine che venne invece da Occidente (Roma). Dopo la battaglia di Azio essa divenne colonia Romana. Come sempre le Civiltà non muoiono, emigrano cambiando lingua e costumi. Roma raccolse lo spirito greco che lasciò una traccia indelebile per lo sviluppo dell'Occidente.

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